LE SPADE DEL SOL LEVANTE

“Non c’è nulla che possa decidere dell’onore meglio della lama di una spada”

Nella lingua giapponese il termine generale per designare la principale arma del samurai è ken, ma ve ne sono moltissimi altri che variano a seconda dell’epoca, delle dimensioni, della forma, del tipo di lama o impugnatura.

 Le prime spade note del Paese del Sol Levante risalgono al Il secolo a.C. e non erano che copie delle lunghe e dritte armi cinesi, a uno o due tagli; a partire dall’VIlI secolo dC. iniziò a diffondersi la spada a un taglio e a lama curva, la quale divenne ben presto monopolio dei combattenti di professione. Secondo i criteri europei, tale arma dovrebbe essere classificata fra le sciabole; gli specialisti ritengono concordemente opportuno tuttavia conservarle la nobile qualifica di spada.

Il nome con il quale la spada giapponese viene comunemente designata in occidente è katana. In realtà, katana è propriamente il nome della spada lunga che assieme alla spada corta wakizashi costituisce il daishò, la “grande coppia” di armi, appannaggio esclusivo della casta dei samurai, emblema del loro rango e simbolo del loro onore fino alla restaurazione dell’imperatore Meiji, che nel 1868 con un tristemente famoso editto disarmò per sempre i guerrieri nipponici.

 La professione di spadaio in Giappone era considerata una delle attività artigianali più stimate e rispettabili. Forgiare una spada era un rituale solenne imbevuto di tradizioni derivanti dai tre elementi costitutivi del patrimonio spirituale nipponico: Io Shintò, il Confucianesimo e il buddismo zen. La forgiatura e il trattamento riservato alla spada dei samurai illustra le componenti di queste tre forze. Lo spadaio si purificava ogni giorno con abluzioni rituali; assieme ai suoi assistenti attizzava il fuoco e batteva sull’incudine, recluso dal resto del mondo finché la lama non era finita, talvolta per intere settimane.

Il metodo di costruzione di una spada consiste, a grandi linee, in tre processi principali: la costruzione della lama, la tempratura e la lucidatura. La spada giapponese nasceva dalla preparazione di un pacchetto di metallo nel quale la parte interna era composta di ferro e la parte esterna d’acciaio, secondo una combinazione che poteva prevedere diversi strati alternati, rispettando la regola che l’acciaio ricoprisse sempre il nucleo più tenero di ferro. I pacchetti di metallo venivano riscaldati, battuti e ripiegati su se stessi svariate volte; con questa tecnica si potevano ottenere lame composte da oltre ottomila strati e una purificazione del metallo ancora oggi irraggiungibile.

 Quando la lama aveva assunto la sua forma definitiva, iniziava la fase più importante della fabbricazione: la tempratura. In sintesi il metodo utilizzato prevedeva la protezione della lama con uno strato di una particolare argilla refrattaria mescolata a sabbia e polvere di carbone. A metà essicazione di questa incamiciatura, lo spadaio rimuoveva una porzione di argilla tale da lasciare scoperto il tranciante. Questa operazione permetteva di ottenere una linea di tempra più o meno ondulata, denominata hamon, la quale segnava la delimitazione fra la parte temprata, yakiba, dal resto della lama. Alla completa essicazione dell’incamiciatura la lama veniva riscaldata, con il tranciante verso il basso, fino a una colorazione “rosso ciliegia” ed immersa nell’acqua di raffreddamento, la cui temperatura era uno dei segreti più gelosamente custoditi. La terza fase della lavorazione riguardava la lucidatura della lama, che veniva eseguita usando pietre abrasive di grana sempre più fine per passare poi a speciali polveri lucidanti applicate con l’aiuto di pezze di cotone; le operazioni di lucidatura mettevano in evidenza le caratteristiche peculiari della lama, la più importante delle quali era rappresentata proprio dalla linea di tempra.

Come sopra accennato, la fabbricazione di una spada assumeva anche un carattere mistico: era credenza comune che una buona lama assorbisse la personalità del suo forgiatore e che avesse, in un certo senso, una vita occulta. Un aneddoto molto noto può servire da esempio. Muramasa, un forgiatore di talento ma di pessimo carattere, era perseguitato da una cattiva fama in quanto tutte le sue lame parevano coinvolgere chi le possedeva in sanguinosi duelli letali. Un uomo volle mettere a prova la tempra di una spada di Muramasa immergendola in un ruscello in mezzo alle foglie sospinte dalla corrente: ogni foglia che sfiorava la lama veniva tagliata in due. In seguito venne immersa nel torrente una spada forgiata dal grande Masamune, maestro di Muramasa: le foglie scansavano la lama. Si disse che ciò testimoniava la grandezza di Masamune, il più grande spadaio di tutti tempi, e che “la spada di Muramasa è tremenda, quella di Masamune compassionevole”. Tremenda se impugnata da mani brutali o arroganti, la katana diveniva anche capaci di atti benevoli, persino di “dare la vita” quando nelle mani di un adepto che praticava il bushi no nasake, la propensione del guerriero verso la clemenza e la generosità.

 L’essenza del valore del Samurai riposava nella sua padronanza della scherma. La spada non era soltanto un’arma, ma un veicolo per il seishin tanren, vale a dire quel processo di formazione spirituale che consisteva nel cancellare ogni macchia morale al fine di raggiungere la perfezione interiore. A tal proposito riportiamo di seguito una poesia tratta dai documenti segreti della Shinkage-iyu, una delle più importanti scuole di scherma del XVII secolo:

Alcuni pensano che l’atto di colpire sia uguale al colpire
ma il colpo non è il colpire, così come l’uccisione non è l’uccidere.
Sia chi colpisce sia chi è colpito
non sono nulla più che un sogno privo di realtà.
Non esiste alcun pensiero
soltanto il vuoto perfetto…
La vittoria arride a chi
persino prima di combattere
non pensa più a se stesso
poiché dimora nella Grande Origine dove non vi è pensiero.

Sacha Fornaciari

Da “Prahos” n. 1/2 – luglio 2007

Link: The Society for preservation of Japanese Art Swords

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Le parti di una Daito (spada lunga)

Kissaki – la punta della lama, il Boshi è il punto temperato
Ha – la parte tagliente, il Mune è il dorso della lama
Hamon – la linea di tempra sinuosa (ondulata) che corre lungo il filo di lama
Horimono – l’incisione sulla lama vicino al paramano
Nakago – il codolo
Saya – la sciabola
Tsuba – la protezione della mano
Sageo – il cordone ornamentale legato sul fodero
Tsuka – la maniglia; Same ‘- l’involucro in pelle di razza del manico
Koiguchi – la bocca fodero; Kojiri
Mune-Machi – tacca posteriore utilizzata per misurare la lunghezza della lama

Le parti di una spada giapponese
Le parti di una spada giapponese
Fonte: http://www.knifecollector.net/JapaneseSword.html

Fonte: http://www.knifecollector.net/JapaneseSword.html