Il profumo della prateria. Il Far West in Emilio Salgari e dintorni. Udine, 2009.

Vittorio Frigerio,
Dalhousie University

L’Associazione friulana Emilio Salgari ha appena pubblicato gli atti del convegno di studi tenuto ad Udine nel 2006 per festeggiare i suoi vent’anni d’esistenza, consacrato al Far West salgariano e non. Si tratta di un libricino di una settantina di pagine che racchiude tre interventi pregevoli, di lettura piacevole e interessante. Il West, verrebbe talvolta voglia di dire, può sembrare in gran parte un’invenzione italiana. Non intendo con ciò evocare solamente i famosi film diretti da Sergio Leone, che hanno rivitalizzato fino negli Stati Uniti un genere stanco che pareva essere arrivato ormai alla fine del suo percorso, ma tutta una geografia fantastica fatta di romanzi e di fumetti che hanno dato vita a un mondo immaginario ispirato più o meno liberamente dal vero West americano, che a questo non si riduce per nulla e che spesso anzi supera in molti, felicissimi modi. È alla serie salgariana consacrata a questi luoghi dell’avventura che Felice Pozzo consacra il suo articolo, “Il Far West nei romanzi di Emilio Salgari: volti, luoghi, paesaggi”, nel quale evoca i “sette romanzi e dieci racconti” (19) scritti dal nostro sul soggetto, partendo da una divertente evocazione di un giovane Cesare Pavese invaghito d’una compagna di scuola e perso in un sogno salgariano. Con la sua consueta abbondanza di dettagli curiosi, Pozzo fa risaltare come Salgari riuscisse a fornire « una rappresentazione del West che entusiasmava, nonostante sviste madornali » (22), sicuramente passate d’altronde molto al di sotto del radar della gran maggioranza dei suoi lettori, e ciò malgrado queste « licenze poetiche » (23) andassero a volte fino a deformare interamente la geografia nord-americana, spianando montagne e accorciando o allungando liberamente le distanze. Pozzo si trattiene soprattutto sulle opere “crepuscolari” (La sovrana del campo d’oro, La Scotennatrice, Le Selve Ardenti) scritte negli ultimi, difficili anni del romanziere, facendo risaltare come egli, malgrado tutto, fosse sempre alla ricerca della massima verosimiglianza, con risultati svariati e occasionali svarioni, ma riservando sempre al lettore sorprese interessanti, come il ritratto di Lord Byron che il critico scopre tra le righe, nelle descrizioni di “un estroso inglese ammalato di spleen” (26).

L’intervento seguente, a firma dello studioso del cinema western Carlo Gaberscek, è intitolato “Visioni pittoriche del Far West; Frederic Remington”. Egli ripercorre con dovizia di particolari la carriera di questo importantissimo pittore dell’ottocento e del primo novecento americano, creatore di un’opera conosciutissima la cui importanza nella creazione del mito del West non può essere sovraestimata. Dalla prima copertina di Remington sull’Harper’s Weekly nel 1886, alla sua partecipazione alle campagne contro gli Apache e i Sioux e all’invasione di Cuba, l’autore evoca l’affermazione progressiva della visione del West visto da Remington, attraverso “opere caratterizzate dalla rapidità del segno, energia, vitalità: una rappresentazione del West drammatica, ovvero ricca d’azione.” (35). Grazie all’opera di questo appassionato testimone di un mondo che già era avviato sul viale del tramonto, si sono fissate in modo preciso nel sentire comune americano delle figure tipiche di gente comune, cow-boys, soldati, indiani: icone grafiche di una certa visione dell’esistenza e della nazione “che pochi anni dopo altri media avrebbero divulgato a livello mondiale”. (37)

In chiusura al volumetto, Lina Quirci propone il suo “Costantino Beltrami e la ricerca delle sorgenti del Mississippi: una storia romantica”. Avventuriero bergamasco, uomo di vasta cultura, soldato della Repubblica Cisalpina, magistrato, gestore d’una azienda agricola, frequentatore di personaggi quali Lord Byron, Lamartine e Foscolo, più tardi membro di numerose società scientifiche e culturali francesi, alla caduta dell’impero napoleonico Beltrami lascia il suo paese e “parte per un lungo viaggio in Europa allo scopo di dimenticare gli affanni e con l’intento di conoscere le esperienze dei popoli che hanno conseguito la libertà per divulgarle in Italia”(49). Approderà in America, dove grandi viaggi e grandi avventure lo attendono, in terre inesplorate e in compagnia di indiani e soldati, fino alla scoperta d’una delle fonti del grande fiume Mississippi. Da lì egli proseguirà per il Messico, dove condurrà studi archeologici, botanici e naturalistici, e in seguito per Haiti. Autore di libri dapprincipio ben accolti nelle Americhe, tra cui un volume sul Messico e un resoconto intitolato La découverte des sources du Mississippi et de la rivière sanglante, Beltrami, il cui nome è stato dato ad una contea dello stato del Minnesota, finirà la sua esistenza in Italia, amareggiato dalle angherie del governo papalino (le sue opere sono state messe all’indice “in quanto giudicate offensive per il clero e per la religione” [57]) e deluso per il poco riconoscimento ottenuto dai suoi lavori e dalle sue imprese. La riproduzione di un ritratto di Beltrami, che lo mostra pagaia alla mano, con arco e faretra, vestito da “coureur des bois”, chiude quest’affascinante presentazione di uno Chateaubriand nostrano che, più di altri, sentì “intensamente il profumo della prateria” (47).


Questo validissimo volumetto viene proposto come supplemento a “Prahos”, periodico dell’Associazione Friulana “Emilio Salgari”, e può essere ottenuto facendone richesta presso il suo presidente, Dr. Lucio Costantini

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tratto dal sito della Dalhousie University in Canada